
Confortanti segnali di ripresa da una piccola regione, la Valle d’Aosta. In un mondo enologico in crisi dove spesso l’immobilità e la lamentela sono però preferite al rimboccarsi le maniche, nel 2013 le imprese vinicole valdostane si sono date da fare e hanno ottenuto risultati più lusinghieri, con un incremento generale della vendita dei loro vini di qualità mediamente superiore al 12% rispetto all’anno precedente. Così confermano all’unanimità tutti i presidenti delle sei cooperative attive nella regione, che da sole provvedono al 70% dell’intera produzione regionale. Ma d’accordo si trovano anche i piccoli e piccolissimi produttori privati che pur producono poche migliaia di bottiglie. Motivo della soddisfacente ripresa: una ancor maggiore attenzione per la qualità del vino – che può anche contare su una ancora ampia gamma di vitigni autoctoni che continuano ad essere appetibili per gli appassionati stranieri – e una più organizzata focalizzazione sui mercati d’oltreconfine, americani e asiatici in prima fila, seppur i più lontani.
Certo, movimenti lenti, misurati, com’è caratteristica dei valdostani, la cui produzione complessiva di vino non può essere elevata (in tutta la regione non ci sono più di 500 ettari di filari) ma che portano a risultati positivi. C’è stato, a fine 2013, addirittura chi non è riuscito a soddisfare la richiesta di bottiglie proveniente dall’estero. “E’ assurdo che quello a soffrire maggiormente sia il mercato interno, quello regionale” ha detto uno dei sei capi-cooperativa. “Non per mancanza di consumatori, perché il turismo in regione per fortuna tiene, anzi incrementa, ed è soprattutto per questa via che riusciamo a far conoscere i nostri prodotti, ma perché le eccellenze regionali, dunque non solo vino ma anche altri prodotti gastronomici, non sono valorizzati come si dovrebbe dai ristoratori e dagli albergatori locali. Questo rischia di far cessare alcune attività allevatoriali e anche vitivinicole, con l’abbandono dei pascoli alti e delle piccole vigne arroccate, e questo porterebbe anche a un degrado del territorio, specie in un periodo come questo, di cambiamenti climatici che fanno danni consistenti ai terreni. Insomma è una china pericolosa sotto molti aspetti, anche quello ambientale. Basterebbe invece poco per migliorare, avere più fiducia nel proprio territorio e maggiori sinergie tra chi produce e chi propone. Basterebbe solo copiare gli altoatesini”. Infine un accenno alla vendemmia 2013, che in Valle è stata assai felice, con uve davvero perfette. Un buon segnale dunque anche per il prossimo futuro.