
Il G8 del vino. Così ha definito l’incontro Bruno Vespa, moderatore del Boroli Wine Forum, andato “in onda” il 21 marzo nella Locanda del Pilone di Madonna di Como (Alba), dove Achille Boroli, padrone di casa e gran produttore di Barolo oltre che di altri vini piemontesi, ha anche cantine capienti. Tema del forum Il valore del marchio. Ovviamente nel mondo del vino.
Sul palco dei relatori nomi davvero illustri, da Pierre Godé, vice presidente di LVMH International, Pierre Lurton per Chateau d’Yquem e Chateau Cheval Blanc, e Manuel Louzada, direttore del brand iberico Numanthia, fino agli italiani Carlo Paoli, direttore generale della Tenuta San Guido, Giovanni Geddes da Filicaja, Ceo di Masseto, con Roberto Conterno e Luca Currado-Vietti a giocare in casa, visto che sono due produttori piemontesi.
Ognuno a raccontare le personali esperienze nella valorizzazione del marchio della propria azienda nel mondo ma anche nei propri confini. Il marchio insomma, deve essere patrimonio condiviso, e anche il mercato interno riveste la sua importanza. Il brand, hanno concordato gli esperti interlocutori, non è fatto solo di segni grafici e di promozioni accurate tendenti a valorizzare la storia e le qualità di una azienda o di un suo prodotto, ma è frutto di grande e soprattutto passionale lavoro degli uomini, orgogliosi di fare bene anche le cose più semplici. Senza passione, impegno, sacrificio e orgoglio la qualità diventa un valore quali vuoto, capace magare di impressionare i mercati ma senza una costanza nel tempo, che invece è proprio quella qualità che contraddistingue, appunto, un marchio capace di affermarsi.
Marchio, inoltre, che non vuol perfezione assoluta. «Un prodotto di qualità è come una bella donna che regala fascino anche attraverso le sue rughe», ha parafrasato Pierre Lourton, che ha invitato a non dar troppo retta ai pareri di Robert Parker, il seguito critico americano secondo cui è spesso la miglior barrique a fare il grande vino. «L’assenza di qualche piccolo, estroso difetto può portare anche alla noia», ha concluso il responsabile di Chateau d’Yquem.
Un invito a non essere totalmente esterofili (seppur tendenza del momento, con l’export che ha raggiunto il fatturato record di 5 miliardi di euro) è arrivato da Carlo Paoli, portacolori, per l’occasione, di San Guido e del suo Sassicaia. «Dall’estero ci arriva il doppio delle richieste di quanto riusciamo a produrne, ma per scelta vogliamo continuare a vendere circa la metà del prodotto in Italia. Anche se questo porta a volte complicazioni economiche».
Poi ci sono le emozioni, che hanno valore impagabile. «Una annata 1945 del Barolo di mio nonno Giacomo, bevuta di recente, non l’avrei scambiata con nessuna bottiglia al mondo», ha detto Roberto Conterno. «Ancora insuperabile e soprattutto ricca di storia della famiglia e del territorio».
Il parterre del Forum gremitissimo, con esperti, giornalisti e produttori approdati da tutt’Italia.